
Lo scrittore si divide tra la sua passione per il calcio e il tennis, invocando il ritorno della Juventus alle sue radici e lamentando una perdita d`identità che affligge anche la Nazionale.
Sandro Veronesi, originario di Firenze e cresciuto a Prato, è un accanito tifoso della Juventus. Questa scelta appare insolita, considerando la profonda avversione che molti fiorentini e toscani nutrono per la “Signora”. Veronesi chiarisce che Prato, per sua natura, è storicamente antagonista di Firenze, avendo vissuto un passato di oppressione. Ricorda che durante la sua infanzia negli anni Sessanta a Prato, la scelta della Fiorentina non era contemplata: l`alternativa era tra Juve o Inter. La sua decisione cadde sulla Juventus quando apprese che il nome significava “gioventù”, e la squadra di Cinesinho e Del Sol fu la prima a conquistare il suo cuore.
Considerando che Paolo Rossi è nato e cresciuto a Prato, e lei è del `59 mentre Pablito era del `56, si è mai imbattuto in lui da bambino?
“Non direttamente, ma alcuni miei amici giocavano con lui alla Cattolica Virtus e riferivano meraviglie su questo giovane talento che segnava copiosamente. A Prato, ho avuto modo di conoscere Christian Vieri. Erano due attaccanti con stili molto diversi: i gol di Paolo Rossi apparivano quasi prodigiosi, mentre quelli di Vieri erano più prevedibili. Nonostante la sua corporatura esile, Rossi dimostrò una tecnica eccellente, come testimonia il suo potente secondo gol contro il Brasile nel Mondiale del 1982 in Spagna. Prato ha avuto il merito di forgiare due eccezionali centravanti sia per la Juventus che per la Nazionale”.
Quale figura juventina ha rappresentato per lei il primo punto di riferimento?
“La mia preferenza ricade su Roberto Bettega per la sua raffinatezza in campo. Tuttavia, ho adottato il nome Sandro, anziché Alessandro come registrato all`anagrafe, in onore di Sandro Salvadore, un illustre difensore bianconero attivo tra gli anni Sessanta e Settanta. Apprezzavo molto anche il tedesco Haller. Ho nitida la memoria di quella linea d`attacco: Haller, Causio, Anastasi, Capello, Bettega. Anastasi, in particolare, aveva un`intesa formidabile con Gigi Riva in Nazionale. Chissà quale sarebbe stato l`esito del Mondiale del `70 in Messico se un infortunio non ci avesse privato del talento di Pietro Anastasi”.
Tra Platini, Del Piero e Baggio, chi è il suo preferito?
“Platini, per l`incredibile connubio tra la sua sublime tecnica e il suo spirito anticonformista. Sembrava quasi indifferente in campo, estraneo alla tipica retorica dell`impegno e della fatica. Tra Platini e Maradona, nove volte su dieci sceglierei Platini. Ricordo quando, in una decisione incomprensibile durante la finale Intercontinentale a Tokyo, gli annullarono un gol: lui si sdraiò a terra con un`espressione disincantata, mostrando la quintessenza dello spirito juventino nel suo senso più puro. Maradona, in una situazione simile, avrebbe certamente affrontato l`arbitro in modo aggressivo. Michel possedeva un`aura distintiva, una nobiltà che piaceva molto all`Avvocato Gianni Agnelli, e noi tifosi seguivamo le sue preferenze. Vorrei però aggiungere che, al giorno d`oggi, il giocatore di cui sento maggiormente la mancanza è Mandzukic”.
Si riferisce a Mario Mandzukic, il centravanti croato?
“Un calciatore eccezionale e spesso sottovalutato, in grado di realizzare una rovesciata memorabile contro il Real Madrid nella finale di Champions League del 2017. La sua presenza sarebbe fondamentale per la squadra attuale”.
A suo parere, quando e come sono emersi i problemi attuali?
“I problemi attuali sono sorti con l`inizio di quella che definisco l`ossessione per la Champions League, una competizione che non può essere vinta a tavolino. Il Paris Saint-Germain, ad esempio, ci è riuscito solo dopo innumerevoli tentativi. Si è compromessa la tradizione del club, addirittura alterando il logo. Le iconiche strisce bianconere sono state disprezzate in favore di una strategia di conquista del mercato americano, dove però le divise a righe verticali bianche e nere sono associate agli arbitri di hockey. Le nostre strisce, da sempre simbolo di amore e odio in Italia, se trascurate portano a una dispersione dell`identità. La vera maglia della Juventus, per me, è quella di Platini, con le sue strisce sottili e la scritta `Ariston`. Inoltre, la scelta di preferire Paratici a Marotta è stata piuttosto eloquente. Thiago Motta, a mio avviso, ha agito come un `sicario calcistico`. Siamo di fatto vittime di una sorta di malattia autoimmune. Eppure, atlete come Cristiana Girelli, pur essendo una `gobba marcia` (termine affettuoso per tifosa juventina), stanno guidando la Nazionale femminile italiana all`Europeo. Le vittorie delle nostre Nazionali, in passato, hanno spesso avuto un forte legame con la Juventus, come nel 1982 e nel 2006. Ora, paradossalmente, rischiamo di non qualificarci per il terzo Mondiale consecutivo. Al di là di tutto, il problema più pressante nel calcio odierno, a mio parere, sono i procuratori con le loro enormi commissioni, che equivalgono a tangenti legalizzate”.
Passando al tennis, la sua altra grande passione: chi è cresciuto con il mito di Panatta potrebbe trovare difficile assimilare lo stile di gioco di Sinner. Qual è la sua opinione al riguardo?
“Ritengo sia prematuro esprimere un giudizio tecnico definitivo su Sinner, poiché è un talento in piena evoluzione. Il suo staff, composto dal duo Cahill-Vagnozzi, è di altissimo livello e continuerà a farlo progredire. Per superarlo, Alcaraz dovrà a sua volta migliorare notevolmente. Sinner ha prevalso grazie alla sua meticolosità, e presto svilupperà una maggiore varietà nel suo gioco. Come ci ha dimostrato Federer, contro alcuni avversari è essenziale imporre un ritmo martellante, mentre contro altri è fondamentale variare la tecnica. Sinner è un prodigio sportivo innato: da bambino eccelleva sia nel calcio, segnando una quantità impressionante di gol, sia nello sci. Avrebbe potuto raggiungere l`eccellenza in entrambi gli sport. La sua scelta è caduta sul tennis, portandolo a diventare il numero uno. Maradona, al contrario, avrebbe potuto eccellere solo nel calcio”.
Ritiene che Sinner possa conquistare il Grande Slam, ovvero vincere i quattro tornei maggiori in un`unica stagione?
“Oggi, il Grande Slam impone una continuità fisica estremamente ardua da conseguire e sostenere. Tuttavia, sono convinto che Sinner vincerà tutti gli Slam, anche se forse distribuiti tra due stagioni. Ci ha già regalato la storica vittoria a Wimbledon, un`impresa mai compiuta prima. Sono fiducioso che ci porterà tutti e quattro gli Slam. Cos`altro potremmo mai chiedergli per rimanere stupefatti?”
Essendo altoatesino, Sinner rappresenta un tipo di italiano lontano dagli stereotipi comuni.
“A mio parere, questa è un`interpretazione superficiale. L`Italia ha già avuto altri grandi campioni altoatesini, come Gustav Thoeni nello sci e Klaus Dibiasi nei tuffi. Sinner si inserisce in questa tradizione. Bisogna fare attenzione a non cadere nello stereotipo dell`italiano “Pulcinella”. Non siamo più relegati all`immagine di spaghetti, chitarra e mandolino; l`idea di un italiano estroso e indisciplinato è ormai superata. Nel mondo del tennis, ho osservato John McEnroe, un americano: se gli avessi sottratto la sua rabbia, avresti eliminato anche il suo genio. Ho visto Boris Becker, un tedesco atipico eppure uno dei più grandi di sempre. E ho visto un altro americano, Jimmy Connors: un personaggio bizzarro, ma un vincente”.