Inter, Inzaghi non è Mourinho: I dubbi sulla finale Champions

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Preview Inter, Inzaghi non è Mourinho: I dubbi sulla finale Champions
Di Arianna Ravelli

I giocatori dell’Inter quanto sono stati distratti? E il tecnico ha mantenuto la concentrazione? Nel 2010 andò diversamente.

Simone Inzaghi during a match
Simone Inzaghi, allenatore dell`Inter.

Lautaro Martinez continua a esprimere la sua difficoltà nel comprendere le ragioni dietro la sconfitta subita nella finale di Champions League, mentre cerca di voltare pagina sotto il sole americano. È evidente che una disfatta di tale portata è il risultato di molteplici fattori, che spaziano dalla tattica alla condizione fisica – escludendo però una improvvisa inadeguatezza di una squadra che aveva già dimostrato il proprio valore contro avversari come Bayern e Barcellona.

Simone Inzaghi and Giuseppe Marotta
Simone Inzaghi e Giuseppe Marotta.

Tuttavia, una parte di queste ragioni potrebbe risiedere nelle dichiarazioni di Esteve Calzada, amministratore delegato dell’Al-Hilal, che, intervistato dalla BBC, ha descritto il “lungo lavoro” che ha portato all`accordo con Simone Inzaghi, sottolineando come questo sia stato raggiunto *prima* della finale contro il PSG.

“La decisione era stata presa, ma non c’era la firma perché per rispetto ci ha chiesto di aspettare”, ha rivelato il dirigente del club saudita. È noto che i giorni in cui si affronta un potenziale cambiamento di vita sono spesso pieni di dubbi, ripensamenti e considerazioni estenuanti sui pro e contro, con discussioni familiari e notti insonni. Viene lecito chiedersi se questo stato d`animo sia il migliore per preparare una finale di Champions (e forse anche le settimane precedenti, dato il “lungo lavoro” menzionato da Calzada – il che potrebbe spiegare il crescente nervosismo di Inzaghi) con la dovuta concentrazione. Questo solleva una serie di altri interrogativi: la squadra ne era a conoscenza? E la società era stata informata? Perché, come sa chiunque abbia considerato di cambiare lavoro, la comunicazione di un passaggio va gestita con estrema delicatezza: per lealtà e correttezza, il capo dovrebbe essere il primo a saperlo. Invece, Beppe Marotta si è presentato all’incontro con Inzaghi con una proposta di rinnovo pronta, apparentemente ignaro dell’accordo già raggiunto dal suo allenatore con gli arabi. Il video dell’annuncio, infatti, è arrivato poche ore dopo, spiegando la delusione e l’imbarazzo che traspariva ieri dall`ambiente Inter.

Simone Inzaghi speaks to Al-Hilal players
Simone Inzaghi spiega la sua filosofia all`Al Hilal.

Ma, al di là degli aspetti formali, concentriamoci sulla sostanza: quanto e cosa sapevano i giocatori? Quanto sono stati distratti da pensieri esterni nei giorni più cruciali della loro carriera? E ancora: è vero che anche Bastoni e Barella avevano ricevuto proposte multimilionarie dall`Arabia? Domande destinate probabilmente a rimanere senza risposta. Non si tratta qui di esprimere giudizi moralistici, né si sostiene che Inzaghi non dovesse ascoltare o accettare una proposta economicamente così vantaggiosa. La critica riguarda la capacità di gestire la situazione.

Nel 2010, José Mourinho riuscì a gestire una circostanza simile in modo impeccabile: con l’accordo con il Real Madrid già in tasca (e comunicato a Massimo Moratti), fu capace di proteggere il gruppo, anzi, sfruttò la situazione per compattarlo e spronarlo ulteriormente, convincendo tutti che c’era un lieto fine da scrivere insieme. Il risultato fu la conquista di un trofeo e un`immagine che è rimasta negli occhi di tutti: l’abbraccio in lacrime tra Marco Materazzi, l’interista più appassionato, e lo stesso Mou, che stava per fare l’impensabile, ovvero non salire sul pullman della squadra per andarsene invece sull’auto di Florentino Perez.

Simone Inzaghi giving instructions at Al-Hilal training
Inzaghi è un demone! Urla e gesti nell`allenamento dell`Al-Hilal.

Appare evidente che Inzaghi non sia riuscito a fare lo stesso. Ancora una volta, i motivi per cui quell’Inter è scesa in campo a Monaco così priva di energia e concentrazione saranno molti, ma è difficile negare che il gruppo apparisse disorientato, sicuramente tutt’altro che compattato. Siamo nel calcio d’eccellenza mondiale: tutti gli allenatori, oggi ancora più aiutati dalla tecnologia e da staff iperspecializzati, sono (chi più, chi meno) in grado di leggere le partite e decidere come disporre la squadra in campo. Spesso, è la personalità, la capacità di gestire il gruppo e di capirne la psicologia a fare la vera differenza. Ed è probabilmente quello che è successo in questo caso.

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