
Il bomber saluta i tifosi a Livorno dopo l`annuncio della malattia: “È una sfida complicata, ma l`affetto ricevuto è stato inaspettato.”
`Non è facile, ma ci proviamo.` Iniziare a parlare di un argomento così profondo e personale è arduo. Igor Protti, ricordato dai fan come un attaccante implacabile, che puntava dritto alla porta con grandi falcate per segnare una valanga di gol, è un`icona. La sua carriera è costellata di record: capocannoniere in Serie A, C1 e B. Detiene il primato di miglior marcatore del campionato maggiore nell`anno della retrocessione del suo Bari (1995-96). Ritiratosi vent`anni fa, Protti oggi affronta la sua `partita più ardua contro un nemico sleale che non ti guarda negli occhi, ma si nasconde a lungo`. A inizio luglio, l`annuncio: `Un mese fa ho scoperto un ospite indesiderato`. Nonostante ricoveri e chemioterapia, Protti è tornato allo stadio Picchi di Livorno per la prima partita in casa contro la Ternana. Un momento toccante: un giro di campo, abbracci e lacrime, testimoni di un affetto immenso.
Foto Alessandro Novi Livorno
Che momenti.
`Le emozioni sono difficili da esprimere a parole; vanno vissute per essere comprese appieno. È stata una giornata speciale per me. Nonostante la chemioterapia – che mi lascia esausto dopo cicli di 48 ore – tenevo ad essere allo stadio. Da quando ho reso pubblica la mia malattia, ho ricevuto un`ondata di solidarietà e affetto che non mi sarei mai aspettato. Vivo qui vicino, quindi è stato più semplice venire qui che altrove per ringraziare i tifosi che mi hanno sostenuto all`ospedale Santa Chiara e poi sotto casa con striscioni di incoraggiamento. Penso al futuro e mi sono detto: “Igor, vai, perché è un`occasione e chissà se ce ne saranno altre”.`
Foto Alessandro Novi Livorno
Sembra stupito da tutto questo affetto.
`Certo, non posso non pensare ai tantissimi messaggi ricevuti da tifosi di squadre in cui non ho mai giocato, persino da quelle con cui ho disputato derby accesi. Penso a quelli del Pisa, dello Spezia, del Lecce, della Roma, per citarne solo alcune. Questo mi ha confermato che il calcio è una grande comunità, dove le tifoserie supportano la propria squadra la domenica, ma un legame più grande unisce tutti nei momenti difficili.`
Foto Alessandro Novi Livorno
Ha sempre mantenuto i piedi per terra o qualche volta ha ceduto al fascino del successo?
`Rispondo con le parole dei tifosi: sono nato così e sono rimasto così. Aver giocato in Serie A non mi ha cambiato. Il calciatore svanisce, la persona resta. Certo, ci sono momenti in cui la gente ti fa sentire come se venissi da un altro pianeta, e io mi imbarazzavo. Prima di giocare a calcio ero un tifoso, e non ho mai dimenticato cosa significasse stare dall`altra parte.`
Attaccante per lo più di città marittime per caso o per scelta?
`No, non credo sia un caso. Chi nasce sul mare difficilmente immagina una vita senza averlo vicino, almeno per me è così. Le scelte delle squadre erano influenzate anche dalla posizione geografica; se c`era il mare, rappresentava un`attrazione e una possibilità in più di giocare per quella squadra.`
Livorno, 5 maggio 2002. Protti esultante. Foto Aldo Liverani.
Bari è stata una di quelle. Lì capocannoniere e retrocessione: avrebbe barattato quel titolo con la salvezza?
`Assolutamente sì. Avrei volentieri rinunciato a un gol, sarei stato felice di arrivare secondo nella classifica marcatori. Quell`anno a Bari, la mia prestazione e quella della squadra furono eccezionali. Tra l`altro, siamo retrocessi in un campionato con 18 squadre e quattro retrocessioni…`
Che effetto le fa quando si ricorda di essere stato l’ultimo a segnare con la maglia numero 10 del Napoli in A?
`Maradona è il più grande calciatore della storia, a Napoli è una divinità. L`effetto che mi fa… Non c`è nemmeno da parlarne, è successo e basta. Io con Diego non c`entro niente.`
Il Protti bambino chi aveva come idolo?
`Gianni Rivera, perché nelle giovanili, fino ai 15 anni, giocavo a centrocampo. Da lì la mia fissazione per il numero 10. Poi, quando mi hanno spostato in attacco, ho dovuto trovare nuovi riferimenti: ammiravo moltissimo Luca Vialli e Mark Hughes. Erano attaccanti generosi, combattivi, che “picchiavano” e prendevano colpi, cadevano e si rialzavano. Era il calcio che volevo vivere anche io.`
Vede un Protti ora in Serie A?
`Un giornalista di Bari, dopo alcune partite di Lautaro all`Inter, mi ha mandato un messaggio dicendo: “Igor, guardo Lautaro e mi sembra di rivedere te”. L`ha detto una persona che stimo, e io lo riporto soltanto.`
Spietato in campo, umile fuori: ci si riconosce?
`Questo “Igor fatto così” deriva dall`educazione familiare, in particolare da mio padre. Quando avevo 11 anni, volevo il pallone di Argentina `78, e mio padre, muratore, per farmelo avere mi portò in cantiere. Mi mostrò il lavoro e cosa significasse guadagnare per comprare quel pallone. Dopo una settimana di lavoro, ringraziai mio padre e dissi che non lo volevo più. Avevo capito quanta fatica ci fosse dietro quel “Tango”.`
Ha mai pensato a una vita senza calcio?
`Da bambino, quando mi chiedevano cosa avrei voluto fare da grande, rispondevo: il dottore o il meccanico. Chissà… Poi ho riflettuto sulla possibile connessione tra queste due professioni apparentemente distanti: entrambi aggiustano, sistemano qualcosa o qualcuno. In qualche modo, aiutano.`
Fuori dal campo lei si è speso tanto per beneficenza.
`Una volta ho recitato ne `La bohème` a teatro. Ho fatto anche un altro spettacolo teatrale. Per il sociale ho sempre cercato di essere presente. Una delle cose belle che il calcio, e di conseguenza la notorietà, ci ha dato è la possibilità di fare molte cose con e per gli altri, anche solo mettendosi in gioco a teatro. Ho fatto la voce narrante di `Pierino il Lupo`. Ecco, quel meccanico e quel dottore dentro di me con la loro voglia di aiutare qualcuno.`
L’hanno chiamata “lo zar”, “il bimbo”… Più uno, l’altro o è una via di mezzo?
`Sono arrivato a Livorno che non avevo nemmeno 18 anni e mi hanno accolto come un bambino, ed è un soprannome che per me ha sempre significato una grande dimostrazione di affetto. “Lo Zar” implica che in quella città hai lasciato un segno profondo, è un`investitura, un titolo per chi ha fatto la storia.`
Un po’ come ha fatto con l’esultanza del `trenino` a Bari.
`Quella è nata con l`arrivo di Miguel Guerrero, che ci raccontò che in Colombia, quando segnavano, andavano alla bandierina e si mettevano a quattro zampe. A volte lo facevano sparpagliati, come cagnolini. Noi l`abbiamo interpretato uniti, come un treno, e abbiamo creato questa che fu la prima esultanza di squadra mai vista. In quegli anni, non c`era campo di calcetto in cui non si vedesse il nostro “trenino”. Era un festeggiamento simpatico che coinvolgeva tutta la squadra, non solo il marcatore. Dava un grande senso di gruppo. Per me è la più bella esultanza di gruppo nella storia del calcio.`
A proposito di treni… in carriera ha sempre preso quelli giusti?
`Non ho rimpianti, sarei ingrato data la fortuna di aver giocato a calcio per 21 anni, ma non ho sempre preso i treni giusti. Tuttavia, so che se tornassi indietro, in quei momenti, con quelle sensazioni e pensieri, rifarei esattamente le stesse scelte.`
L`ex calciatore sui social.
In una carriera di oltre 20 anni si ricorda di più la prima o l’ultima partita?
`Entrambe, seppur con stati d`animo e sensazioni completamente diverse. La prima è solo gioia, come dimenticarla nella mia Rimini, nel mio Romeo Neri, lo stadio dove andavo a fare il tifo da bambino e poi da raccattapalle. Invece, nel 2005, uscire dal campo dopo l`ultima partita della carriera con il Livorno mi ha lasciato un`amarezza e una nostalgia legate alla consapevolezza che un lungo e grande capitolo della mia vita si stava chiudendo per sempre. E ora ho quest`altra partita…`
Contro lo sgraditissimo ospite.
`Sì, si combatte. Non so cosa accadrà. Tutti mi dicono: “Igor, lotta come hai fatto in campo, segna il gol più importante”, e mi fa piacere, ma questa è una partita diversa. Sul campo, ci si guardava lealmente negli occhi da avversari. Si partiva dallo 0-0, la palla al centro, ci si affrontava e alla fine si vedeva chi era il migliore. In questo caso, il mio avversario si è purtroppo nascosto per tanto tempo. La partita comincia con almeno un 3-0 per lui, quindi è molto complicata. So che darò il massimo, so che il personale del Santa Chiara di Cisanello che mi segue farà altrettanto, e poi c`è il cielo che decide come devono andare le cose. Ho una famiglia meravigliosa, molto allargata. Ora ho una compagna, ma sono rimasto in ottimi rapporti con la mia ex moglie. Ho figli, nipoti, la famiglia a Rimini con mamma, sorella, cugini, una miriade di parenti che sento tutti vicini. E la cosa che mi fa più male è far soffrire loro.`